lunedì 29 giugno 2009

Una descrizione settecentesca della Chiesa di San Pietro alla Costa

La frequente consultazione dei volumi delle visite pastorali dei vescovi ravellesi, miniere incomparabili di notizie sulle vicende che interessarono la diocesi di Ravello e la sua articolazione parrocchiale in età moderna, mi ha spinto a pubblicare in questa sede una descrizione della chiesa di San Pietro alla Costa, risalente agli anni trenta del Settecento.

Attestata nella documentazione dal 1275, quando ne era rettore Iacobus De Cinnamo, rappresentante del capitolo della cattedrale in alcuni contratti di locazione del tempo, l’Ecclesia Sancti Petri possedeva nel 1291 alcuni beni situati nella località Aqua Flive di Tramonti.

Ai documenti citati, rappresentanti tuttora le testimonianze più antiche dell’esistenza della chiesa nel rione Costa, altri e più cospicui se ne aggiunsero tra la fine del medioevo e l’età moderna, seguendo una tendenza estensibile a tutti luoghi di culto della città la cui storia, nonostante i monumentali lavori del Mansi e dell’Imperato o a quello recentissimo del Fulchignoni, è ancora tutta da scrivere.

Il testo che segue offre una descrizione della chiesa antecedentemente ai lavori di ricostruzione di fine Settecento e permette, pertanto, di avere un idea dell’originario edificio di culto.

Parroco del tempo era Don Fortunato Pisacane il quale, però, nel 1744 veniva citato dalla Corte Vescovile con l’accusa di non risiedere in parrocchia, non celebrare messa nei giorni statuiti e non insegnare il catechismo ai fanciulli. Due anni dopo gli venne assegnata la cura parrocchiale di una porzione della chiesa di S. Giovanni del Toro.

“Il titolo della Parrocchiale che si possiede dal sacerdote Don Fortunato Pisacane è di S. Pietro e Paolo, della di cui fondazione non se n’ha memoria.

Vi sono in essa Chiesa, quattro altari. Il maggiore viene costrutto da una cona (dipinto) tutta indorata, al finimento di sopra vi è una pittura del Padre eterno, al di sotto vi sono l’effigie di Maria SS. In mezzo, dall’uno e l’altro l’effigie de suddetti S. Pietro e Paolo, più di sotto e vicino all’altare vi sono effigiati i dodici Apostoli con l’immagine del SS. Salvatore, in detto altare vi è uno gradino indorato senza tabernacolo. La lapide dell’altare è tutta di marmo consistente in un pezzo solo. Vicino detta cona vi sono quattro colonne, due di sopra e due di sotto. Nel suddetto altare fuori della messa Parrocchiale non v’è altro peso.

Vi sono due altri altari laterali al suddetto maggiore, l’uno verso mezzo quarto (a destra) sotto il titolo della SS. Vergine del Carmine, sospeso dall’Illustrissimi vescovi antecessori per non avere mantenimento; onde solo si riferisce che nella di cui cona, che similmente è tutta indorata vi sono l’effigie della SS. Vergine del Carmine, S. Cosmo e Damiano e del defunto Damiano Gonzalez (castellano della città agli inizi del Seicento) ed Adriana Fenice sua moglie che lo dotarono ed ora si sono perdute l’entrate in questa Città di Ravello.

L’altro verso Tramontana, similmente sospeso la di cui Cona è tutta indorata e con l’effige di S. Francesco d’Assisi, San Francesco di Paola ed i dodici Apostoli.

L’altro dedicato all’Angelo Custode, che non è sospeso ed ave entrade non di che carlini 48 che sono all’intutto inesigibili per causa d’un soscielleto (bosco di carrube) lasciato a detto altare dal quondam (defunto) Andrea Manso alias mala cera, donationis titulo, e senza verun (nessun) peso; la cona di detto altare è pittata a color celeste con l’effigie dell’Angelo Custode che tiene l’anima per la mano, dietro alla quale v’è effigiato il demonio.

Detta Chiesa viene costrutta con atrio grande, che vien sostenuto da due colonne di marmo, due porte, una grande che corrisponde all’ala di mezzo di detta chiesa ed all’altare maggiore, l’altra più picciola, che corrisponde all’ala di destra, ed al detto altare del Carmine, nella 3a ala non vi è porta; vien sostenuta da sei colonne di marmo divise tre per parte. Ha di longitudine palmi 80 (20 metri) e di latitudine palmi 60 (15 metri).

Vi è un soccorpo (cripta) profanato da tanti anni, che non se n’ha memoria ed in esso vi sono due colonne grosse di marmo che mantengono buona parte di detta chiesa.

Vi sono tre sepolture che non sono gentilizie. Vi è un organo a sei registri, che fu fatto dal Paroco antecessore Sig, Don Giuseppe Pisani (si dimise da parroco nel 1719) col denaro che ricavò dall’altro organo antico ed ivi stava. Vi è un sol confessionale con la portella d’avanti e col commodo di confessare sì dalla parte sinistra, come dalla parte destra.

Detta chiesa tiene la sua sagristia, di larghezza palmi nove (2,3 metri) di lunghezza palmi 20 (5,2 metri), che esiste verso mezzo quarto (navata destra). Vi è in detta sacristia una cassa per conservare i suppellettili che sono li seguenti:

Una pianeta di damasco cremesi con galloni d’oro (tessuto d’ornamento posto sugli orli e sulle costure dei paramenti) e francette (strisce da cui pendono dei filetti che serve ad ornare l’estremo orlo di vesti) similmente d’oro nell’estremità di essa.

Un’altra pianeta di zegrinetto (zigrinato) bianco, e con le fascie di raso cremesi.

Un’altra pianeta, similmente rossa di robba di porta nova.

Due altre pianete, una verde, l’altra violacea.

Vi sono quattro veli d’un sol calice, che v’è con la sua patena, due bianchei, l’altro rosso, e l’altro verde. Un camise con cingolo, ed un solo amitto.

Tre corporali e tovaglie sei per l’altare.

Un paliotto di damasco cremesi con galloni d’oro (rivestimento della parte anteriore della mensa dell’altare).

Un panno lungo di catalussa color bianco e rosso che serve per il crocifisso grande che sta in mezzo all’ala maggiore di detta Chiesa.

Vi sono similmente tredici pezzi di panni di taffettà giallo e cremesi che servono una volta l’anno per apparar detta Chiesa per la festa di S. Pietro e Paolo perché solamente detta festa si fa in detta Chiesa.

Vi sono due campanelli, che l’uno serve, e sta vicino alla sagristia, per quando il sacerdote va a celebrare e l’altro per l’elevazione della S. Messa (consacrazione).

Vi sono in detta Chiesa due campane, una grande e l’altra più picciola sono fra di esse divise nell’astrico (copertura piana) di detta Chiesa perché non v’è campanile.

Con detta Chiesa solo confina la casa, ove al presente abita Giovanni Di Palma (sposato in prime nozze nel 1708 con Carmina Manso della Parrocchia di S. Angelo di Torello e nel 1733, perché vedovo, con Rosa Polverino, della parrocchia della Cattedrale, vedova di Francesco de Scala alias “lo Patano” della Città di Sorrento, annegato nel mare di Amalfi) che non dà nessuno incommodo o pregiudizio, che sta dalla parte della Sagristia suddetta e proprio verso mezzo quarto (la casa confinava con il lato destro della chiesa).

Pesi che tiene detta Chiesa

Si celebrano messe quindeci l’anno per l’anima del quondam Pietro Paolo Fenice per li beni lasciati a detta Chiesa a tenoro del suo testamento rogato per mano di Notar Carlo Celso De Giorgio di Napoli sotto il dì 8 agosto 1656, senza che ne avesse designato altare.

Si pagano annui a Monsigor Illustrissimo (il vescovo di Ravello) carlini sette per la visita.

Alla Reverenda Camera Apostolica carlini sette (l’organo finanziario del sistema amministrativo pontificio). Per l’ubbidienza a Monsignor Illustrissimo carlini tre

Paga ogni anno alla Parrocchiale di S. Giovanni alla Costa carlini dodici per il mantenimento della lampada.

Per quello si deve riferire per i censi di detta Chiesa si potrà osservare dalla platea, che si presenterà suo loco et tempore per ragione che mancano tutte le notizie.


Salvatore Amato